Rio de Janeiro (BRA) (6/8) - Peccato! Era difficile, molto difficile mantenere fede alle aspettative.
Partire con i favori del pronostico e trovarsi poi, nel momento cruciale della gara, lì davanti, in testa, con serie possibilità di vittoria. Era difficile, ma Vincenzo Nibali e la formazione messa in strada da Davide Cassani ci stava riuscendo. Con una gara a tratti esaltante. Poi, a 11 chilometri dalla conclusione Vincenzo Nibali vola per terra in una curva in discesa insieme al colombiano Henao. La corsa dell'Italia, nonostante il coraggioso ed indomito Aru, rimasto attardato nel secondo gruppo e infine sesto al traguardo, finiva lì.
Peccato, non si riesce a trovare un termine migliore. Ma l'Italia di Davide Cassani esce da questa gara a testa alta. Ha dato l'impressione di essere il gruppo meglio organizzato, più affiatato e preparato, anche mentalmente, per una corsa così dura, a tratti impossibile da gestire e legare con un filo tattico.
"E' stato veramente un grande dispiacere - dice Davide Cassani subito dopo la gara - soprattutto per come hanno interpretato la gara i ragazzi; per l'abnegazione, per il sacrificio e lo spirito di squadra. Hanno realizzato tutto quello che ci eravamo ripromessi e su un percorso così, con questi avversari, era difficile. Loro sono stati perfetti e se ci sono dei complimenti, per come si è sviluppata la corsa, devono essere rivolti a loro..."
La cronaca della gara si potrebbe riassumere in quanto accaduto a 30 chilometri dalla conclusione. In fuga c'erano sei corridori: Henao, Kwiatkowski, Thomas, Van Avermaet, Zeits e Damiano Caruso. Una situazione questa già ottimale per i nostri colori, ma Davide Cassani aveva organizzato le cose in modo ancora migliore. In discesa (molto tecnica e ricca di insidie) uscivano da dietro come furie Aru e Nibali. Lasciavano il resto del gruppo sui pedali e si riportavano sui primi. Gli azzurri avevano dato il via alle danze. Per 15 chilometri la maglia dell'Italia campeggiava costantemente in testa al gruppo. Prima Damiano Caruso, poi Fabio Aru facevano l'andatura, costringendo gli altri alla difensiva.
A 20 chilometri dalla conclusione, esaurito il lavoro di Caruso e Aru (encomiabili per l'abnegazione, come De Marchi e Rosa nella prima parte), entrava in azione Vincenzo Nibali, l'uomo atteso alla vigilia. Il siciliano non ha mancato le aspettative e, nel momento in cui serviva il forcing, dava due-tre tirate che riduceva il gruppo dei primi a solo tre uomini: lui, Henao e Majka, gli unici in grado di seguirlo sulle pendenze impossibili del circuito carioca. Due avversari di grande rispetto, ma sicuramente alla sua portata anche in un eventuale arrivo in volata. Soprattutto due avversari interessati quanto Nibali che la fuga andasse in porto e quindi disposti a collaborare nella successiva discesa e poi nel tratto pianeggiante finale.
Tutto perfetto... tutto troppo perfetto in una giornata un po' sfortunata, questa prima alle Olimpiadi, per lo sport italiano. Infatti a 10 chilometri dalla conclusione, su una curva che piegava a sinistra e poi a destra, Nibali cadeva. Con lui anche Henao. "Non si sono toccati - dirà Cassani al termine della gara - ma in quel punto era caduto il giro prima Porte. E' un tratto scivoloso, ripido... difficile".
La corsa per l'Italia finisce qui, anche se il perfetto gioco di squadra del gruppo di Davide Cassani ci permetteva di coltivare ancora qualche timida speranza con Fabio Aru, in grado di reggere con il gruppetto dei primi inseguitori nonostante il grande lavoro fatto in precedenza. Ma, mentre Majka provava a raccogliere il regalo della sorte e coprire i chilometri restanti da solo, dal gruppo inseguitore evadevano Fulgslang e Van Avermaet. In breve si riportavano sul fuggitivo. La volata non aveva storia e il belga coglieva il successo sicuramente più importante della sua carriera.
Vincenzo Nibali non ha terminato la gara. Nella caduta ha battuto la spalla e per precauzione è stato sottoposto ad accertamenti che hanno dato esito negativo. Resta l'amarezza per un'Olimpiade corsa da grande protagonista, nonostante il peso di una responsabilità sopportato con il piglio del grande campione, e un epilogo veramente sfortunato.
Peccato davvero: difficile trovare in queste occasioni parola migliore.